Virus marini: attori sommersi del cambiamento climatico

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May 03, 2023

Virus marini: attori sommersi del cambiamento climatico

June 9, 2023 This article

9 giugno 2023

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dalla Società Americana di Microbiologia

Mentre il mondo si è concentrato pesantemente sui soliti attori del cambiamento climatico globale, come i combustibili fossili e la deforestazione, un gruppo di improbabili contendenti è emerso dalle profondità dell’oceano: i virus marini. Queste entità minuscole ma potenti stanno ora rubando le luci della ribalta mentre gli scienziati svelano la loro profonda influenza sul clima del nostro pianeta.

Con un esercito di circa 1030 particelle virali, i virus marini dominano la vasta distesa dell’oceano con la loro sorprendente diversità. Tutti gli organismi acquatici sono influenzati dalla loro presenza in un modo o nell'altro: siano essi batteri, alghe, protisti o pesci. Non è ancora chiaro se l’impatto netto dei virus marini sul cambiamento climatico sia positivo o negativo. Tuttavia, le prove crescenti sono difficili da ignorare – i virus marini possiedono un potere trasformativo in grado di rimodellare il tessuto stesso dell’ecosistema marino – e il loro impatto sui cicli biogeochimici è tutt’altro che sottile.

I batteriofagi (o semplicemente i fagi), ovvero i virus che infettano i batteri, sono i virus dominanti nell’oceano. Dopo l'infezione, i fagi fanno sì che i loro sfortunati ospiti batterici si aprano attraverso un processo noto come lisi virale, rilasciando così nutrienti e materia organica nell'acqua di mare circostante. Questo fenomeno, noto come shunt virale, devia la biomassa microbica dai consumatori secondari nella rete alimentare, come plancton e pesci, e nella riserva di materia organica disciolta che viene consumata principalmente dai batteri eterotrofi.

Quando i batteri muoiono e si decompongono, la loro materia organica può potenzialmente contribuire al pool di materia organica particellare (POM) o alla materia organica disciolta (DOM). Il POM è costituito da strutture complesse e non viene facilmente scomposto dai microbi marini. Di conseguenza, viene spesso trasportato nelle parti più profonde dell'oceano. Tuttavia, il DOM è più facilmente digeribile per i microbi, venendo così incorporato nella loro biomassa. Man mano che la biomassa microbica nell’oceano si espande, diventa una fonte di cibo per gli organismi a livelli trofici più elevati, compreso il plancton, che a sua volta funge da preda per i pesci.

Ma anche i fagi possono predare questi microbi. Si stima che i fagi uccidano quotidianamente circa il 10-20% dei batteri eterotrofi e il 5-10% dei batteri autotrofi nell’oceano, con conseguente rilascio significativo di carbonio, sostanze nutritive e altri oligoelementi nella rete alimentare microbica. La materia organica disciolta, a sua volta, innesca un banchetto batterico mentre i microbi consumano avidamente i nutrienti e il carbonio appena disponibili, limitando il loro flusso attraverso livelli trofici più alti. Quindi, la lisi virale promuove la respirazione batterica che trattiene il carbonio negli oceani invece di rilasciarlo nell’atmosfera. In questo modo, i fagi aiutano indirettamente a sequestrare circa 3 gigatonnellate di carbonio all’anno.

La lisi virale svolge anche un ruolo cruciale nel rilascio di altri nutrienti vitali nella rete alimentare microbica dell’oceano, come azoto e fosforo, che sono incapsulati all’interno delle cellule batteriche sotto forma di acidi nucleici e amminoacidi. Questi composti ricchi di nutrienti alimentano la crescita e le attività metaboliche e costituiscono una risorsa preziosa sia per i microbi eterotrofi che per quelli autotrofi.

I fagi possono anche alterare il ciclo del carbonio rimodellando il metabolismo nei cianobatteri, uno dei principali attori nella fissazione globale della CO2. Ad esempio, i ricercatori hanno scoperto che i cianofagi che infettano Synechococcus sp. alterano la fotosintesi dell’ospite massimizzando la produzione di energia ma inibendo la fissazione di CO2. Tuttavia, le implicazioni più ampie di questo fenomeno a livello di ecosistema rimangono enigmatiche, presentando un’area cruciale matura per la ricerca futura.